Come ti “congelo” il cyberbullo

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Articolo a firma di Marco Tinti, Director di CRIO Solutions

La foto della compagna di classe in atteggiamento sciocco fatta girare per i social. La minaccia one to one portata avanti tramite messaggistica istantanea; il ricatto via e-mail; la presa in giro di un difetto di un ragazzo condivisa in diversi gruppi di WhatsApp. Nella maggior parte dei casi i preadolescenti e gli adolescenti non lo sanno, ma questi comportamenti non sono altro che atteggiamenti di cyberbullismo, un reato che lo Stato italiano ha normato con la legge 71/2017 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, dunque comportano gravi conseguenze.

Il cyberbullismo è un nemico ben più subdolo del tradizionale bullismo, che rimane ovviamente pericoloso, essendo i suoi confini molto più sfumati: non possiede, infatti, limiti spazio-temporali, ma nemmeno fisici, né emotivi. Il ragazzo che sferra un pugno a un altro nella vita vera si ritrova di fronte un soggetto sanguinante e scosso. Succede in quel preciso momento e suscita una forte emozione. Il cyberbullo non ha reazioni così “calde”, quindi è portato a proseguire nel suo atteggiamento.

Inoltre, l’azione “violenta” potrebbe essere rivolta a una sola persona, che si deve sobbarcare il peso di una vessazione di cui nessuno è a conoscenza, e in un istante essere spalmata per tutto il web, con conseguenze devastanti. Si pensi ai casi di suicidio.

Il cyberbullismo può nascere come una bravata, che poi sfugge di mano ai soggetti che l’hanno iniziata, per propagarsi all’infinito, su tutti i media digitali. Il tutto può avvenire anche in modo inconsapevole. Infatti, spesso accade che tra i giovanissimi non ci sia la percezione di combinare un guaio, bello grosso, tanto che in molti casi la reazione dei ragazzi è “Io non immaginavo…”.

Come se ne esce?

La persona che viene bullizzata, che spesso sconta, agli occhi dei bulli, un qualche difetto (indossare gli occhiali, essere timida, troppo alta, troppo bassa, silenziosa, brava a scuola, amante degli scacchi, sovrappeso…) è soggetta a uno stress profondo. Alla prima fase dello sconcerto – sta capitando a me? – segue quella dell’impotenza – e adesso cosa faccio? – che può essere correlata anche alla vergogna di dover affrontare amici e compagni di classe che magari hanno visto una certa foto o sono al corrente di un certo fatto.

Andare a scuola diventa quasi impossibile, così come confrontarsi e chiedere aiuto a un adulto (genitore, insegnante, educatore). Dietro si nasconde la paura di non essere capiti e di non poter, nella realtà non digitale, riuscire a risolvere il problema e a far smettere il bullo. Portarsi sulle spalle un carico di questo genere a 10, 13, 16 anni è davvero difficile, sfiancante.

Questo è il motivo per cui di cyberbullismo si parla in maniera sempre più diffusa, anche nelle scuole. Il messaggio rivolto a tutti i ragazzi è molto chiaro: “Se siete a conoscenza di atteggiamenti di questo genere, parlate. Se siete direttamente coinvolti, non abbiate paura, chiedete aiuto e confidatevi”.

Lo screenshot non basta

Per confermare di aver subito vessazioni digitali occorre avere materiali che lo provino. Sino a poco tempo fa le persone stampavano le e-mail, oppure fotografavano lo schermo dello smartphone e raccoglievano queste informazioni per farle pervenire all’avvocato.

Oggi queste forme “artigianali” di prova non sono più sufficienti. È molto semplice da comprendere: i contenuti nativamente digitali possono essere, nel loro passaggio al cartaceo, modificati, trasformati, falsificati, dunque non più utilizzabili, o comunque contestabili dalla controparte.

È invece assolutamente necessario che anche una semplice foto scattata con cellulare, oppure i dialoghi di una chat, vengano salvati in modo digitale e confermino il “luogo” e il “momento” nel quale sono stati creati. A questo pensa la piattaforma tecnologica CRIO, che blocca i cambiamenti della risorsa digitale (file, foto, e-mail) presa in esame e la “congela”, rilasciando alla persona una certificazione che attesta con sicurezza che, nel momento in cui la risorsa digitale è stata ottenuta, aveva quelle specifiche caratteristiche. Questa cristallizzazione può essere usata in tribunale come prova. Non può essere contraffatta, in alcun modo.

Interessante è precisare che CRIO non è a disposizione solo degli studi legali, dei loro consulenti, degli investigatori privati o delle forze dell’ordine: essendo il suo utilizzo semplice e immediato, può essere utilizzata anche dalle famiglie, proprio per dimostrare reati come le minacce, il cyberbullismo, le calunnie transitanti per ogni tipo di supporto digitale.